Cominciamo col dire che la Crimea è una penisola di 26 mila kmq (il doppio della Campania o quanto la Sicilia) che si spinge nel Mar Nero, zona ricca di giacimenti metaniferi. Ha una popolazione di 2 milioni di abitanti composta per lo più da russi, poi da tatari, ucraini e c’è anche una minoranza italiana.
Si continua a dire che la Russia sovietica operò, nel dopoguerra, uno sterminio dei tatari, antichi abitanti della Crimea, facendo crescere l’etnia russa sulla penisola però non si dice che invece furono deportati per punizione in quanto, durante il secondo conflitto mondiale, formarono la Wolgatatarische Legion, un’armata anti-Russia al servizio dei nazisti.
Nel 1954, l’allora premier sovietico, Chruščëv, in ricordo del 300° anniversario della guerra russo-polacca che vide i cosacchi ucraini allearsi con i russi, per riconoscenza trasferì la già Repubblica Autonoma Socialista Sovietica di Crimea alla Repubblica Socialista Sovietica di Ucraina, una formalità di poca rilevanza all’epoca poiché si rimaneva sempre nell’orbita URSS.
Con lo smembramento dell’Unione Sovietica, l’Ucraina si dichiarò indipendente nel dicembre del 1991 e quasi immediatamente, nel maggio del 1992, la Crimea proclamò un proprio autogoverno, ma poi decise di restare all’interno dell’Ucraina come Repubblica Autonoma. A seguito della cattiva politica economica portata avanti da Kiev che dal ’92 si è completamente affidata alle direttive del FMI, la situazione è andata sempre peggio, da qui la decisione della Repubblica Autonoma di Crimea di staccarsi dall’Ucraina. Così il parlamento di Simferopoli, capitale della Crimea, ha deciso di istituire un referendum chiamando la popolazione a esprimersi democraticamente sull’autodeterminazione. La data fu fissata per il 25 maggio 2014. Intanto il presidente ucraino Viktor Janukovyč, cambia la politica del paese riagganciandosi alla Russia di Putin, che capisce subito la possibilità di riavvicinare a se l’Ucraina, non senza contributi che la salvassero dalle grinfie capitaliste occidentali. La cosa non piace a UE e USA. Così iniziano scontri controversi e confusionali che sfociano in guerriglie nella città di Kiev facendo cadere il paese in una crisi politica le cui conseguenze sono le dimissioni del governo Janukovyč. In tutta fretta si istituisce un nuovo governo col pieno appoggio occidentale, ovviamente anti russo e contro l’autodeterminazione della Crimea, la quale anticipa il referendum al 16 marzo in cui viene inclusa, con l’indipendenza, l’annessione alla Russia. Il neogoverno di Kiev, con l’appoggio di UE e USA, dichiara che il referendum non s’ha da fare, specialmente con la clausola di annessione alla Russia e così blocca la banca dati con il registro degli elettori in Crimea. Simferopoli si organizza lo stesso e chiede aiuto alla Russia che subito fa arrivare 18.430 soldati russi. Intanto il 4 marzo il parlamento di Crimea approva con 78 voti su 81 la richiesta di entrare a far parte della Federazione Russa come Repubblica Autonoma di Crimea. L’11 marzo, il parlamento di Simferopoli dichiara formalmente e unilateralmente la propria indipendenza dall’Ucraina. Ieri, con circa il 96% dei votanti la Crimea si è di fatto dichiarata indipendente e il prossimo 21 marzo, la duma lavorerà a un disegno di legge per l’adesione della Crimea alla Federazione Russa.
Il referendum sottolineava così le scelte:
- A favore del ricongiungimento Crimea con la Russia come soggetto federale della Federazione Russa?
- A favore del ripristino della Costituzione del 1992 della Repubblica di Crimea, pur mantenendo lo status della Crimea come parte dell’Ucraina?
Questo referendum, che è stato un vero plebiscito, è alla pari di quello del Kosovo secondo alcuni, altri lo hanno paragonato all’Anschluss che vide annettere l’Austria alla Germania nel 1938, alcuni hanno ricordato la divisione della Cecoslovacchia del 1993.
Il parlamento di Crimea ha fatto riferimento alla risoluzione della Corte Internazionale di Giustizia sul Kosovo del 22 luglio 2010 affermando di non aver violato il diritto internazionale. La Russia chiama in causa anche le dichiarazioni d’indipendenza della Moldavia e dell’OLP e addirittura la stessa dichiarazione d’indipendenza degli Stati Uniti d’America. USA e Gran Bretagna fanno appello al patto di Budapest del 5 dicembre del 1994 siglato da Russia, GB e USA per lo smantellamento delle armi nucleari sul territorio ucraino in cambio della neutralità dell’Ucraina nei suoi intoccabili confini. A questo si riferiscono quando dichiarano che il referendum è illegale.
Stando a quanto sopra si porta all’attenzione di USA, GB e UE che un trattato simile e più autorevole delimitava e dichiarava intoccabili i confini delle due Sicilie, un nuovo stato che inglobava il Regno di Sicilia nel Regno di Napoli, si sta facendo riferimento allo storico Congresso di Vienna, durato ben 7 mesi e in cui nel 1815 tutte le potenze europee stabilirono l’assetto geopolitico della nuova Europa post-napoleonica. Ma negli anni dopo ci fu una sistematica invasione della penisola con conseguente aggressione da parte francese e inglese nei confronti delle due Sicilie, mediante il Piemonte savoiardo che fece la parte di primo attore e che con il suo risorgimento ha trascinato tutta l’italia in quella crisi economica che oggi viviamo, con tanto di debito pubblico.
Nella stessa misura in cui oggi, USA, GB e UE fanno appello al patto di Budapest dichiarando illegale il democratico plebiscito avuto in Crimea, noi facciamo appello al Congresso di Vienna dichiarando aggressione l’invasione dell’indebitato Piemonte nei confronti delle due Sicilie e illegale il conseguente falso plebiscito che vide unire lo stato napoletano sotto la corona savoiarda, rinunciando a un re napoletano con un re che parlava francese. La revisione storica inizia da qui e le autorità internazionali devono prenderne atto, anche per il fatto che quello si che fu una votazione falsata come la storia vera ci insegna. All’epoca della votazione del 21 ottobre 1860, l’esercito napoletano ancora combatteva. Per questi motivi rigettiamo il metodo con cui è stato attuato tale referendum avvenuto in un momento di guerra non dichiarata, dichiarandolo illegale. Si richiede quindi, come le passate denunce consegnate dal FLN, di ristabilire i vecchi confini della Nazione Napolitana.
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